A prima vista, lo stoicismo, antica filosofia greco-romana, e il Brazilian Jiu Jitsu (BJJ), arte marziale nata nel XX secolo in Brasile, sembrano appartenere a mondi completamente diversi. Uno è un sistema di pensiero che si pratica nella riflessione interiore, l’altro una disciplina fisica che si esercita sul tatami. Eppure, a un’analisi più profonda, emergono sorprendenti punti di contatto. Entrambi sono vie che conducono alla padronanza di sé, alla resilienza e alla trasformazione dell’individuo attraverso la sfida e la disciplina.
Uno dei pilastri dello stoicismo è il concetto di dichotomia del controllo: ci sono cose che dipendono da noi (le nostre azioni, giudizi e reazioni) e cose che non dipendono da noi (opinioni altrui, eventi esterni, risultati). Epitteto insegna che la felicità e la libertà si trovano nel concentrarsi solo su ciò che possiamo controllare. Nel Brazilian Jiu Jitsu, questo principio si manifesta costantemente. Durante un roll (combattimento), non possiamo controllare cosa farà l’avversario, ma possiamo controllare il nostro respiro, le nostre decisioni tecniche, e soprattutto la nostra reazione mentale alla pressione. Chi pratica BJJ impara presto che lamentarsi non serve: serve adattarsi. L’abilità sta nel rimanere calmi sotto stress, proprio come insegna lo stoico.
Seneca scriveva: “Difficoltà rafforzano la mente, come il lavoro rafforza il corpo.” Nello stoicismo, le avversità sono viste come strumenti per esercitare la virtù. Ogni ostacolo è una possibilità di diventare migliori. Nel BJJ, la sconfitta è inevitabile. Si perde spesso, soprattutto all’inizio. Ma ogni sottomissione subita, ogni errore tecnico, ogni volta che si viene dominati è un’opportunità per apprendere. L’ego viene smussato a forza di tap, e il praticante perseverante impara ad amare il processo di miglioramento più del risultato finale. Questo è puro stoicismo applicato.
Marco Aurelio scriveva nel suo “Meditazioni” che non bisogna aspettarsi che la vita sia facile, ma bisogna essere pronti ogni giorno ad affrontarla con disciplina e coerenza. Lo stoico è colui che vive secondo ragione, che non cede alla pigrizia o agli impulsi. Il BJJ richiede esattamente lo stesso spirito. Non esistono scorciatoie per imparare. Solo la ripetizione, la pratica quotidiana, l’umiltà nel ricominciare da capo ogni volta che si sale sul tatami. La costanza che porta alla maestria è la stessa virtù promossa dalla filosofia stoica.
Ryan Holiday, uno dei principali divulgatori dello stoicismo moderno, ha scritto “L’ego è il nemico”. Lo stoico cerca di mettere da parte l’ego per vivere in armonia con la realtà, non con le illusioni. Nel BJJ, l’ego è un ostacolo reale. Porta a sovrastimare le proprie capacità, a evitare avversari più forti, a non accettare la sconfitta. Solo chi mette da parte l’ego può progredire. Un atleta che si aggrappa all’illusione della superiorità presto si troverà fermo, bloccato. Solo chi accetta l’umiliazione temporanea può diventare veramente forte.
Forse il punto di contatto più profondo è la ricerca di serenità in mezzo al caos. Lo stoico non cerca di eliminare il disordine del mondo, ma di trovare la pace interiore nonostante esso. Allo stesso modo, nel BJJ si impara a respirare mentre si è schiacciati, a pensare lucidamente mentre si è sotto pressione, a vedere lo spazio dove sembra esserci solo oppressione. È una forma di meditazione attiva, di presenza totale, di consapevolezza del momento.